Quattordici stazioni aperte per rifornire, gratis, la berlina di lusso Model S. Per portare al 50% la batteria bastano 20 minuti e si fanno quasi 500 km con un “pieno”: secondo l’azienda californiana, eliminare il problema dell’autonomia è la chiave del successo
Da Ginevra a Bruxelles, passando per Austria, Germania e Olanda, senza emettere un solo grammo di anidride carbonica allo scarico. Il sogno di mobilità elettrica di Elon Musk, fondatore e amministratore delegato della Tesla, si sta trasformando in realtà anche in Europa, dopo le prime 70 stazioni “Supercharger” installate negli Stati Uniti. La Tesla, infatti, ha comunicato di aver aperto 14 stazioni di ricarica rapida anche in Europa, di cui quattro in Germania, una in Svizzera, due in Olanda e sei in Norvegia. Grazie a queste “super colonnine” da 120 kW di potenza, che ricaricano le batterie della Tesla Model S in soli 75 minuti, l’azienda californiana vuole dimostrare che le elettriche non sono necessariamente auto da città, come fanno intendere la maggior parte dei produttori. All’elegante berlina da cinque metri di lunghezza, famosa per le sue silenziosissime accelerate mozzafiato, le strade urbane vanno certamente strette. Con prezzi a partire da 69mila euro, la Model S può essere scelta con due tipi di batteria, da 60 kWh e 85 kWh (in abbinamento a motori da 306 a 421 CV), che dovrebbero garantire un’autonomia, rispettivamente, di 370 e 480 km.
Le stazioni di ricarica rapida distribuite lungo le tratte autostradali sono essenziali per il futuro della Tesla: se si ha fretta, in 20 minuti si può ricaricare la batteria al 50%, ma lasciandola sotto tensione per 40 minuti si arriva all’80%. E gratis: la corrente, semplicemente, non si paga. Per ora, però, le aree Supercharger sono appannaggio esclusivo dei clienti della Model S, perché l’altra vettura della Casa, la Roadster, non è equipaggiata per sopportare una tale potenza. Le stazioni, che hanno da quattro a dieci colonnine l’una, sono posizionate vicino a centri commerciali o ristoranti, così da rendere meno pesante l’attesa. Alcune sono dotate di pannelli solari forniti dalla Solar City, di cui lo stesso Musk è presidente; dato lo scarso utilizzo ipotizzato nella fase iniziale, produrranno più corrente di quanta effettivamente dovranno trasferire nelle batterie delle auto. L’installazione e la gestione è completamente a carico della Tesla: stando ai media americani, una stazione con sei postazioni costa circa 185 mila euro, per una spesa complessiva fra i 20 e i 30 milioni di dollari per le 100 previste in America. Un esborso considerevole per l’azienda, se si pensa che il marchio fa ancora numeri piccoli, (circa 22 mila le vetture vendute nel 2013), ma una scelta che, alla lunga, dovrebbe fare la differenza sul punto più dolente della categoria: il limitato numero di chilometri percorribili con una sola ricarica. Per il futuro, l’azienda ha progettato anche un secondo tipo di rifornimento, che prevede la sostituzione del pacco batterie esausto con un altro pronto all’uso (si chiama “battery swap”, sul modello del sistema Better Place di Shai Agassi): l’operazione avviene in automatico, con l’accumulatore che viene prelevato da sotto la macchina, senza che l’autista debba scendere, nel giro di soli 90 secondi. La sostituzione costerà circa 60 dollari e sarà disponibile nelle stazioni Supercharger delle aree più frequentate, presumibilmente a partire dalla California.
Il piano di Elon Musk sembra davvero travolgente, ma è ancora ai primi passi. Secondo l’azienda,entro marzo metà dei tedeschi vivrà a meno di 320 km da una stazione Supercharger, ma chi decidesse di viaggiare per l’Europa con la Model S dovrebbe comunque pianificare accuratamente tragitti e tappe per non rimanere “a secco”. La sfida, però, è stata lanciata. Ed è sorprendente come una piccola azienda californiana guidata da un indomito 42enne, da molti considerato un visionario, stia mettendo in piedi un sistema di mobilità che nessuno dei colossi dell’auto e nessun governo s’era ancora sognato di realizzare.
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