SATELLITI SPIA

  • Cosmo-Skymed, la spia perfetta
    Vede tutto e nessuno la controlla

    Un sistema satellitare sofisticatissimo. La cui versione militare arriva a "vedere" dal cielo oggetti di un metro. Il nostro Paese è all'avanguardia e potrebbe servirsi di queste tecnologie a fin di bene. Ma il loro utilizzo è avvolto nell'ombra. Fa capo al Ris, il nuovo servizio segreto militare voluto da La Russa che, però, non ha regole né limiti. E desta non poche preoccupazioni

    ROMA - Di giorno e di notte, anche con le nuvole più fitte, loro possono scrutare ovunque: hanno occhi radar che guardano persino attraverso le tempeste di sabbia, fotografando oggetti di 40 centimetri. Sono i satelliti spia italiani, gioielli tecnologici talmente avanzati da sorprendere persino gli americani, stupiti  -  come evidenzia uno dei cablo inediti di WikilLeaks  -  nello scoprire che l'Italia dispone di una rete spaziale di sorveglianza militare. A Washington erano convinti che il programma stellare tricolore avesse scopi essenzialmente civili e solo una limitata capacità di spionaggio: invece tutti gli alleati si sono resi conto che Roma stava mettendo in orbita prodigiosi sistemi di intelligence. Ma questi sensori che tutto possono controllare sfuggono invece al controllo delle istituzioni democratiche: sono gestiti da un apparato che fa capo solo ai vertici militari, esterno ai servizi segreti e alla vigilanza del Parlamento. E nessuno sa quali immagini catturino e che fine facciano.

    La rete Cosmo-Skymed è uno delle realizzazioni più moderne e costose varata dai governi italiani del nuovo millennio. Per i quattro satelliti già operativi sono stati spesi un miliardo e 137 milioni di euro: una cifra decidamente siderale. Ma si è già deciso di investire altri 555 milioni nei prossimi anni per potenziare la costellazione spia, lanciando in orbita due occhi elettronici ancora più evoluti. Le spese ricadono sulla Difesa, sul ministero delle Attività produttive e su quello dell'Istruzione e Ricerca. Quando i parlamentari discutono di questi fondi non si chiedono cosa si nasconda dietro la sigla "duale": quale è la missione militare che compiono dallo spazio? "Finalità strategiche e tattiche", spiegano i generali senza entrare nei dettagli. Il progetto, nato come Finmeccanica e poi trasferito alla joint venture italo-francese Alenia Thales Space, fa affidamento sulle meraviglie di un radar di bordo che può fotografare mezzo continente, oppure concentrarsi su dettagli "tattici": un'auto, un gruppo di uomini, persino la canna di un pezzo d'artiglieria. Ovunque: nel mondo o anche in Italia.

    Ad esempio i Cosmo-Skymed potrebbero concentrarsi sui porti tunisini e libici dove si imbarcano i profughi diretti verso Lampedusa, per lanciare l'allarme su quante navi e quante persone stanno per partire: ci sarebbe così il tempo per cercare di dissuadere gli scafisti intervenendo sulle autorità tunisine o mettere in allarme chi deve soccorrere o accogliere i disperati del Mediterraneo. Ma informazioni del genere ai pattugliatori della Finanza o della Capitaneria non arrivano. Spesso nemmeno i servizi segreti "istituzionali", creati con la riforma del 2007, sanno cosa stiano facendo i satelliti spia, che sono interamente nelle mani della Difesa.

    In compenso, a Parigi sanno. I francesi sono rimasti così impressionati dalla potenza dei nostri sistemi stellari da creare un accordo di scambio, tutto tra generali. Loro cedono le foto dei loro satelliti con ottiche tradizionali, in pratica delle evolute macchine fotografiche che funzionano soprattutto di giorno e con condizioni meteo ottimali; noi gli forniamo le immagini dei Cosmo-Skymed, che con i loro radar guardano oltre le nuvole, incuranti della notte. Gli stati maggiori dei due paesi possono così avere una gamma completa di dati. Che tengono per sé, coperti dal massimo segreto.

    EQUIVOCO DUALE. Il programma spaziale è "duale", ossia bifronte. C'è una parte civile, con attività che possono servire per molti scopi. In caso di disastri naturali  -  inondazioni o terremoti  -  i satelliti riescono a dare un quadro globale della situazione. In qualunque momento il radar riesce a scansire regioni molto vaste  -  una striscia larga 40 chilometri e lunga fino a 4000 chilometri - mostrando danni e trasformazioni del terreno. Sono stati utilizzati in occasione del sisma in Abruzzo e di quello di Haiti, ma anche per il Giappone. Gli apparati, poi, sono utilissimi in occasione di incidenti ecologici, soprattutto nei casi di inquinamento in mare: evidenziano le sostanze che Si disperdono e le dimensioni del problema. Infine possono servire per monitorare il traffico navale: censiscono i mercantili che affollanno zone di particolare interesse, come gli stretti. C'è poi un'applicazione commerciale: le immagini vengono vendute a privati o enti, per rilievi geologici o per progettare infrastrutture. Nel futuro prossimo potranno fare ancora di più: i due nuovi satelliti saranno in grado di guardare parzialmente sotto il terreno, aprendo prospettive nuove alla ricerca petrolifera ma anche agli studi archeologici.

    La componente civile è gestita dall'Agenzia Spaziale Italiana, Asi, la Nasa tricolore che ha finanziato parte del programma Cosmo-Skymed. Tutto passa per il celebre quartier generale  abruzzese di Telespazio nella Conca del Fucino, che con le sue colossali parabole dirige il movimento dei satelliti. I dati vengono poi trasmessi al Centro di Geodesia Spaziale di Matera, che li rende disponibili per gli enti o i privati. Ma si tratta di immagini a bassa risoluzione: sempre superiore al metro. Si può individuare una nave mercantile, mentre in quelle foto un peschereccio diventa poco più di un punto; si vede una villa, non un'automobile.

    BASE SPAZIALE RIS.
     Soltanto i militari possono selezionare i radar sulla massima risoluzione e scagliare sul terreno impulsi che tirano fuori dettagli fino a 40 centimetri. Jeep, veicoli, ogive di missili o anche gruppi di persone ed automobili. Lo fanno da una base costruita all'interno dell'aeroporto di Pratica di Mare, alle porte di Roma. Si chiama Centro Interforze Telerilevamento Satellitare: un grande compound anonimo dal quale spuntano due antenne. Lì e solo lì arrivano le informazioni delicate, che vengono decifrate e analizzate. E lì si decide come sfruttare al meglio le capacità della rete e coordinarla con quella dei francesi. Il sistema operativo è stato inaugurato nello scorso settembre, con capacità fantascientifiche. I generali possono mandare i satelliti su un obiettivo in qualunque punto del pianeta ogni sei ore, ma nel Mediterraneo il passaggio avviene ogni tre: il bersaglio viene spiato anche otto volte al giorno. Il radar funziona sempre, forando nuvole e oscurità, tempeste e polveri. Alla fine della missione quotidiana se ne ricavano fino a 75 immagini a campo stretto ed alta risoluzione: in gergo la chiamano modalità "Spotlight 1". In una superficie di 45 chilometri quadrati ogni oggetto sarà scansito con dettagli di poco inferiori al mezzo metro. Certo, non si "vedono" singole persone e non si "leggono" numeri di targa, ma la quantità di informazioni raccolte è impressionante: ricostruzioni con elaborazioni tridimensionali, talvolta scrutando anche sotto la chioma gli alberi, che battono qualunque mimetizzazione o tentativo di occultamento. Anche perché il gioco di squadra con i francesi offre la possibilità di arricchire il quadro con foto tradizionali, dove compaiono scritte e dettagli. L'asse Roma-Parigi tesse così una ragnatela di controllo elettronico senza precedenti in Europa.

    La passione dei generali per gli acronimi fa subito affiorare l'altra faccia del problema. La base di Pratica di Mare infatti si chiama CITS-RIS, dove la seconda sigla non indica gli investigatori scientifici dei carabinieri resi popolari dalla fiction tv ma l'intelligence militare rimasta ancorata alla riservatezza della Guerra Fredda. Il Ris è l'erede del Sios, ossia i servizi segreti interni alle Forze Armate. Come mostra lo stemma della base, comprende tutti i corpi  -  aeronautica, marina, esercito e carabinieri  -  ed è alle dirette dipendenze dello Stato maggiore Difesa: il Ris non risponde a nessuna altra autorità e tantomeno agli organi di controllo del Parlamento.

    IL BUCO NERO. Quando, dopo gli scandali dello spionaggio parallelo di Telecom intrecciato agli 007 dell'era Pollari, le Camere decisero di riformare tutti i servizi segreti, quella sigla riuscì a nascondersi nei cavilli della legislazione. Si pensava che fosse destinata a un ruolo marginale: la legge assegnava al Ris "solo compiti di carattere tecnico e di polizia militare". L'attenzione era rivolta soprattutto alle spedizioni internazionali, Libano e Afghanistan, ossia "ogni attività informativa utile al fine della sicurezza dei presidi e delle attività delle forze armate all'estero". Quindi il Ris si dovrebbe limitare esclusivamente alla raccolta di notizie sul campo, lontano dalla madrepatria, cercando di proteggere i soldati impegnati sulla frontiera israeliana o nella regione di Herat. La legge era chiara nell'escludere qualunque attività di intelligence ed esplicitava che non dovesse avere nessuna delle funzioni dei servizi segreti. Lo scopo principale della riforma era proprio quello di affidare il totale controllo degli 007 alla presidenza del Consiglio, togliendo di mezzo le prerogative degli Interni sul vecchio Sisde e della Difesa sul Sismi. Veniva creato un apparato per l'attività informativa interna  -  l'Aisi  -  e uno per la sicurezza estera  -  Aise  -  diretti dal nuovo Dipartimento delle informazioni per la sicurezza Dis. Tutto smilitarizzato, tutto civile, tutto con regole nuove che chiudessero una volta per tutte con il passato di misteri e sospetti.

    Allo Stato maggiore questo "addio alle spie" non è mai andato giù. E ha trovato un potente alleato in Ignazio La Russa, pronto a invocare la necessità di una intelligence militare autonoma che assista le missioni all'estero. Il ministro lo ha fatto con una serie di dichiarazioni pubbliche alla fine del 2009, poi di fronte alle polemiche, ha scelto il dietrofront: "È stato solo un pensierino natalizio, una cosa buttata lì. D'altronde di queste cose si occupa già una struttura apposita che è il Ris...". E questa frase, che sottolineava il ruolo del Ris, è apparsa come una ritirata tattica, in attesa del momento migliore di tornare alla carica.

    GUERRIERI ELETTRONICI. Nel frattempo però i generali hanno potenziato quantitativamente e qualitativamente le attività del Ris, per renderlo pronto ai nuovi conflitti. È stato creato un reparto per le guerre informatiche, le cyberwar, che si combattono in segreto già oggi attaccando le reti informatiche con ondate di virus ed overdose di imput. Sbaragliando i computer, si possono paralizzare aeroporti, linee ferroviarie, banche, enti pubblici, centrali elettriche, centri di ricerca, reti di telecomunicazione: l'Italia appare come un bersaglio fin troppo facile. E i militari sono gli unici che si stanno seriamente preparando a questo scenario, con un battaglione che fa capo al solito Ris. Ma ancora più importante è l'investimento in un altro acronimo, diventato fondamentale nella lotta al terrorismo: Sigint, l'analisi dei segnali elettronici. Ossia di tutte le comunicazioni: il che significa anche conversazioni sui cellulari e scambi di dati su reti telematiche. È la sfida che si conduce tutti i giorni in Afghanistan e in Iraq: riuscire a individuare nel traffico di telefonate la voce o le mail dei capi di Al Qaeda o dei talebani, per localizzarli o anticiparne i movimenti. O per neutralizzare gli apparecchi con cui i guerriglieri fanno esplodere le bombe, che hanno provocato numerose vittime anche tra i soldati italiani. L'ultimo attacco del genere è avvenuto nel Sud del Libano proprio alla fine di maggio. Tutte queste attività dovrebbero essere condotte dal Ris solo all'estero, nel legittimo intento di proteggere e assistere gli uomini che il Parlamento ha spedito nel mondo per costruire e difendere la pace. Ma le esercitazioni per captare e analizzare i segnali avvengono in patria, in basi come quella laziale di Nettuno che nella loro sfera di intercettazione elettronica possono abbracciare gran parte della Capitale.

    L'Italia poi ha anche deciso di acquistare due aerei specialissimi, due Grandi Fratelli dei cieli che costeranno 280 milioni di euro. Il prezzo non dipende dai jet  -  si tratterà di bireattori Gulfstream  -  ma dalla dotazione di bordo: un sistema chiamato Jamms che cattura e setaccia tutte le emissioni elettromagnetiche, una sorta di Echelon volante. È una spugna di dati, che vengono filtrati secondo infinite chiavi. Possono riconoscere il profilo di una voce, di un singolo telefonino, di una rete wifi: volano e assorbono onde, che decifrano fino a renderle conversazioni o testi di mail. Sono l'arma decisiva per stanare i miliziani islamici: si appropriano delle loro comunicazioni, che si tratti di cellulari o walkie-talkie.

    Ma sulle loro missioni in patria di queste macro-spie c'è incertezza. Dovrebbero venire schierati anche nel nostro paese, ad esempio, per dare la caccia ai latitanti di mafia. L'aereo può restare per ore in alto sulla zona dove si ritiene siano nascosti il boss Matteo Messina Denaro o il padrino casalese Michele Zagaria, ascoltando tutto e tutti. Poi quando nell'etere si materializza la voce del ricercato, il sistema di bordo ne individua la posizione e il numero che usa, permettendo di seguirlo o fare scattare la trappola.

    FUORI CONTROLLO.
     Gli aerei spia dovrebbero essere gestiti in condominio dai servizi segreti e dal solito Ris, che essendo interno alle forze armate ovviamente dispone già di piloti, hangar e tecnici. Ma il dilemma è lo stesso: poiché la legge non prevede che i militari si occupino di intelligence, nessun organismo parlamentare li controlla. Non ci sono sospetti di deviazioni da pare di questo reparto, resta però un problema fondamentale di regole: chi vigila sulle operazioni del Ris? Non sono stare definite regole e limiti per la sua attività. Mentre le informazioni a cui il Ris ha accesso diventano sempre più ampie. Lo dimostra la gestione dello scambio dati sui satelliti spia con la Francia, che non passa attraverso i servizi segreti istituzionali ma avviene tra intelligence militare. O l'accesso diretto del Ris ai dossier degli 007 americani in Afghanistan che  -  come rivelano i file di WikiLeaks  -  è stato concesso al ministro La Russa al fine di migliorare l'incisività dei nostri incursori. Tutto top secret.
    Delle operazioni di Cosmo-Skymed si sa soltanto che in questi mesi i satelliti spesso scrutano la zona di Tripoli, per scoprire i movimenti delle truppe di Gheddafi. Una missione lecita, rivelata in modo anomalo. Ne ha parlato Marco Airaghi, il "consigliere spaziale" di La Russa e vicepresidente dell'Asi, svelando: "Cosmo-Skymed oggi può essere utilizzato nella sua funzione principe di supporto alle forze armate". La "funzione principe" quindi è quella militare. E gli italiani hanno pagato oltre un miliardo per  mantenere nell'alto dei cieli un sistema che tutto controlla senza venire controllato: la spia perfetta.                                                                                                                                                     --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 
    I satelliti italiani fanno parte di una rete molto particolare: la Cosmo-Skymed.
    Ecco, cominciamo da qui: di cosa si tratta? che tipo di satelliti sono? … e tutte le altre mille domande che vengono di conseguenza.
    Mar mediterraneo

    Partiamo dal nome: Constellation Of small Satellites for Mediterranean basinObservation. Cioè “costellazione (o rete) di piccoli satelliti per l’osservazione del bacino del Mediterraneo”. E del resto Skymed ha a che fare con il cielo (sky) e con il Mediterraneo (med), inteso ovviamente come mare e non come uno dei villaggi esclusivi su qualche costa esotica. E dunque il loro scopo è proprio quello di monitorare l’area in cui i migranti e gli scafisti si muovono. Il mistero si fa sempre più fitto.
    Il sistema Cosmo è promosso dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI ) in accordo con il ministero della difesa. Forse a qualcuno era sfuggito che anche noi avevamo un’agenzia spaziale e pur non avendo mai annoverato tra le nostre fila dei Gagarin o degli Armstrong, abbiamo prodotto tecnologie d'avanguardia ed eseguito osservazioni e scoperte molto importanti. Tanto per citarne una, una parte dello Shuttle, il sistema IRIS che permette di lanciare in orbita i satelliti che il vettore “porta lassù”, è di realizzazione italiana e proprio della ASI. Curiosamente i finanziamenti di questa agenzia arrivano attraverso il ministero dell’Istruzione; non è dato sapere se anche all’ASI ci sia stata una riforma Gelmini e i tagli Tremonti.
    In realtà, però, il Cosmo-Skymed è una iniziativa internazionale alla quale hanno partecipato due paesi: l’Italia e la Francia. Nel 2001 questo progetto, chiamatoOrfeo, prevedeva la realizzazione di 4 Cosmo per il nostro paese e di 2 satelliti Pleiades per i transalpini. Questi ultimi sono satelliti ottici, mentre i nostri sono molto più sofisticati. Cosa significa? Che i satelliti francesi sono equipaggiati con strumenti che usano la luce per osservare, registrare, analizzare le immagini. Dal punto di vista del principio si tratta insomma di normali macchine fotografiche come quelle che usiamo noi quando andiamo in ferie o ad una scampagnata. I Cosmo invece non usano la luce (quella visibile del sole o delle lampadine), bensì un’altra onda elettromagnetica, più energetica, i raggi X. Senza entrare troppo nei dettagli sono chiare due cose.
    Visione a raggi XLa prima che i due sistemi hanno funzioni diverse e che quindi è previsto fin dal principio l’esigenza di “scambiarsi i dati”.
    La seconda che mentre i francesi possono spiare solo di giorno, gli italiani possono farlo 24 ore su 24, col sole o con la pioggia, con le nuvole più fitte o la nebbia più insistente. Un grande vantaggio, indubbiamente!
    Chi ha costruito questi giocattoli? Ci ha pensato la Thales Alenia Italia, una joint venture di Thales (azienda francese a larga partecipazione statale) e la solita Finmeccanica, presente praticamente ovunque ci siano da fare affari con lo stato, anch’essa a larga partecipazione statale. E anche questo è un aspetto di cui tenere conto, perché significa che le quote azionarie del progetto sono in parte dei cittadini (francesi e italiani) attraverso la delega data al governo, il che significa che i ministri possono sì gestire le quote, ma certo non farci tutte le porcherie di questo mondo, perché, alla fine della fiera, i soldi che maneggiano sono pur sempre i “nostri”.
    (Ciò vale anche per la delega a governare il paese, ma questa è un’altra storia!)
    Il prossimo quesito è davvero automatico: chi ha pagato i satelliti?
    Anche se i primi progetti risalgono agli anni 90, l’accordo per la loro costruzione è del 2004, quando viene stanziata la cifra di un miliardo e 137 milioni di euro per i quattro Cosmo. La spesa viene divisa tra il ministero dell’Istruzione (da cui, ricorderete, dipende l’ASI) e il ministero della Difesa, il quale ha così il diritto di mettere il naso (e vedremo che oltre al naso ci mette anche tutto il resto) nella faccenda.
    All’epoca il ministro incaricato dell’Istruzione era Letizia Moratti che i suoi danni alla scuola pubblica non è riuscita a farli perché non è stata abbastanza veloce e perché nelle elezioni del 2006 è cambiata la maggioranza parlamentare. Il contratto definitivo è stato tuttavia protocollato nel 2007, quando al posto dell’ex sindaco di Milano (quanto mi piace quell’”ex”) c’era Fabio Mussi dell’Ulivo (poi entrato nel Partito Democratico ed ora in SEL), ministro del governo Prodi.
    Per completare l’informazione è bene si sappia che altri 555 milioni sono già stati investiti nel 2011 (anno di inizio della piena operatività del piano) in un momento in cui le spese superflue non sono certo ben viste da aziende in crisi, lavoratori in cassa integrazione e precari. Il conto è dunque di 1'700 milioni di euro, centesimo più centesimo meno.

    La raccolta delle osservazioni ... e poi?

    Una volta preparati i satelliti bastava metterli in orbita. L’Italia, come la maggior parte dei paesi per così dire “normali”, non ha la possibilità di farlo autonomamente e, come abbiamo visto nelle parti precedenti di questo articolo, deve chiedere un passaggio a qualcun altro. Nello specifico i satelliti Cosmo sono partiti dalla base californiana di Venderberg tra il 2007 e il 2008.
    Credo sia superfluo aggiungere che le applicazioni a bordo sono sia di uso civile che militare.
    Se uno va a curiosare nel sito del ministero della difesa  trova un certo numero di articoli sui Cosmo-Skymed, alcuni decisamente antiquati, tanto che parlano al futuro dei lanci dalla California, ma altri più recenti. E in questi il sistema viene esaltato come una raffinatezza tecnologica (cosa sicuramente vera) ma soprattutto viene inserito (siamo nel 2009) nel “monitoraggio via satellite dei flussi migratori nell’area del Mediterraneo”. Che tradotto significa nell’osservare quanti migranti attraversano il mare Mediterraneo.
    SpieE così torniamo alla domanda di Di Feo dell’Espresso: perché allora tanta sorpresa nel valutare gli sbarchi?
    La questione è abbastanza di semplice soluzione.Nessuno degli ufficiali che sono incaricati di controllare i movimenti dei migranti e che hanno dovuto e devono ancora gestire una situazione di emergenza in Sicilia ha mai avuto uno straccio di informazione proveniente dai satelliti. Che strano!
    I casi, se ci pensate, possono essere solo due: o i satelliti non funzionano … e allora vogliamo indietro tutti i nostri soldi! … o chi gestisce le informazioni satellitari non le passa agli interessati per un qualche motivo … e in questo caso occorre sapere chi sono e perché lo fanno.
    Io so già, vi vedo con quei sorrisetti a pensare che ci sono di mezzo i servizi segreti, magari un pochino deviati, perché viviamo in un paese dove l'intelligence, al soldo di questo Moro o di quell’Andreotti, ne hanno combinate di tutti i colori soprattutto negli anni ’80, riempiendo di isole di misteri la storia del nostro paese, storie tristi e sanguinose che hanno i nomi delle stragi alla stazione di Bologna, dell’abbattimento del DC9 sopra Ustica, tanto per fare i primi due esempi che mi vengono in mente.
    Ecco: i servizi segreti, quelli istituzionali, cioè istituiti dal parlamento e dal governo, stavolta non c’entrano niente. Neppure loro, infatti, hanno accesso ai dati forniti da Cosmo-Skymed.
    E allora chi ha questo accesso?

    Il RIS, ma non quello del telefilm

    Si tratta del RIS (Reparto Informazioni e Sicurezza) un servizio segreto molto segreto, perché non ha a che fare con la Sicurezza della Repubblica, con il presidente Napolitano o il premier Berlusconi, è un organismo interno alle forze armate.
    Se vogliamo capire l’inghippo di cui sopra dobbiamo saperne di più su questo servizio supersegreto.
    Come certamente molti di voi sanno, i servizi segreti sono stati “riformati” di recente, nel 2007 (governo Prodi). La manovra si è resa necessaria alla luce degli scandali che i vari SISMI e SISDE e compagnia cantando hanno raccolto lungo il percorso, non ultimo quello di Pollari nella vicenda Abu Omar (vedi qui tutta la storia) o la vicenda delle intercettazioni eseguita da Telecom. La legge di riforma dei servizi è firmata dal guardasigilli dell’epoca, Clemente Mastella. Tutte le precedenti sigle (SISDI, SISDE, ecc.) vengono rimosse. Restano in piedi due soli servizi: l’AISE (per l’estero) e l’AISI (per l’interno). Ma nella giungla tipicamente italiana delle normative scritte in modo che non si capisca mai cosa significano, rimane, nascosto nelle pieghe degli articoli, il RIS, diretto discendente del SIOS, i servizi segreti interni alle forze armate.
    Attenzione, non si tratta dei RIS dei Carabinieri diventati famosi per una serie di telefilm, bensì quello che comprende tutti i corpi (aeronautica, carabinieri, esercito, marina) ed è alle dirette dipendenze dello stato maggiore della Difesa: il RISinsomma non risponde a nessun’altra autorità e tantomeno agli organi di controllo del Parlamento.
    Nella definizione dei suoi compiti la legge assegna “solo compiti di carattere tecnico e di polizia militare”. Niente di che insomma, roba di ordinaria e normale amministrazione. Le aree di intervento dovevano riguardare soprattutto le spedizioni internazionali (quelle in Libano e Afgfhanistan) occupandosi di “ogni attività informativa utile alla sicurezza dei presidi e delle attività delle forze armate all’estero”. Insomma dovevano raccogliere informazioni all’estero per proteggere i nostri militari in giro per il mondo nelle cosiddette “missioni di pace”. Nessuna attività da spioni insomma. Una tendenza questa sottolineata dal fatto che i nuovi servizi segreti, AISE e AISI, non dipendono più dal ministero degli interni o della difesa, ma direttamente dalla presidenza del consiglio e sono completamente smilitarizzati.
    Il ministro La Russa in gioventù
    Il ministro La Russa in gioventù
    Come nei film di spionaggio americano, anche qui ai generali la faccenda non è piaciuta molto ma il governo Prodi è stato irremovibile sulla questione. Poi c’è il cambio della guardia a palazzo Chigi e i generali trovano un grande alleato: il nuovo ministro della difesa, Ignazio La Russa, ex AN, ex MSI, dirigente del Fronte per la Gioventù (e anche mio compagno di scuola nei lontani anni ’60).
    La Russa comincia a cercare finanziamenti e appoggi per una intelligence militare, poi fa dietrofront e termina con una frase sibillina: “E’ stato solo un pensierino natalizio. Del resto di queste cose si occupa già una struttura apposita che è il RIS …”.
    Nel frattempo però i generali non sono stati fermi e hanno mandato avanti la struttura di cui parlava il ministro, facendola crescere come numero di addetti, competenze da spendere e qualità degli strumenti. C’è un reparto che si occupa di guerre informatiche (cyber war) che si combattono attaccando le reti informatiche nemiche usando come proiettili virus e overdose di input. Non è una cosa da poco: questa guerra permette di attaccare e paralizzare le strutture portanti di uno stato: aeroporti, ferrovie, banche, centri di ricerca, centrali elettriche e così via.
    Altri soldi sono stati investiti sul SIGINT, il settore antiterrorismo che si occupa dell’analisi dei segnali elettronici. Uno dice “Che mi frega, io non c’entro niente!
    In realtà tutti c’entriamo, perché il SIGINT monitora tutte le comunicazioni elettroniche, comprese le telefonate con cellulari e le mail.
    E’ un lavoro molto importante in quei paesi dove siamo andati a portare la pace coi carri armati. Si tratta di individuare cellulari che innescano bombe o la voce di qualche adepto di Al Qaeda con intenzioni non proprio amichevoli. Un lavoro necessario visto che là ci siamo e prima che qualcuno dotato di un minimo di buon senso decida che è ora di finirla di andare a rompere le palle ad altri stati sovrani.
    Ma quello che adesso ci interessa sapere sono i rapporti interni allo stato. Proprio per come sono stati creati, i RIS non passano le loro osservazioni nemmeno per sbaglio agli organismi rappresentativi della repubblica (il Parlamento e le sue emanazioni). Eppure il progetto è stato approvato dai parlamentarie dai governi degli ultimi 10 anni. Il tutto è avvenuto (cosa che succede spesso da noi) senza che ci fosse chiarezza sulle regole da rispettare, sulle modalità di utilizzo delle informazioni raccolte. E se ci si può raccontare la favola che quei satelliti hanno un ruolo scientifico decisamente importante, il discorso non cambia di una virgola: le informazioni scientifiche passano, quelle militari rimangono top-secret. Solo lo stato maggiore e il ministro La Russa sanno dove sono puntati gli occhi radar, che riescono a riprendere dettagli piccoli anche 40 cm. Se tutto questo viene tenuto segreto il cittadino non può forse essere legittimato a pensare che si stia spiando il territorio italiano con non si sa quali scopi?
    E poi come funzionano questi satelliti? E i parlamentari, come mai non ne sapevano niente? Lo vedremo nella prossima (e ultima) “puntata”.------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

  • Russia: << La nostra sonda per Marte colpita da un'arma antisatellite o puntamento laser >>

  • Phobos_Grunt_sonda_spaziale_russa_precipita_sulla_terra



  • La sonda russa Phobos-Grunt che doveva raggiungere Marte è stata paralizzata intorno alla Terra da qualche arma anti-satellite. A sostenerlo è Vladimir Popovkin, presidente dell’agenzia spaziale russa Roskosmos in un’intervista al quotidiano Izvestia aggiungendo ambiguamente che non ha idea di chi possa essere interessato a interferire con la missione russa.

  • CHI È STATO? - Ora dal momento che non possono essere i cinesi perché a bordo di Phobos-Grunt c’è una mini-sonda cinese che doveva essere lasciata in orbita marziana, e che non possono essere gli europei che hanno tentato con le loro antenne di recuperare il veicolo, non restano che gli americani.
  • CADUTA - Intanto l’agenzia Roskosmos ha aggiornato il possibile momento del rientro nell’atmosfera, anticipando di un giorno, a sabato alle 14, ora di Mosca (le 12 in Italia). La sonda pesa 13,5 tonnellate. Quasi interamente costruita in materiali leggeri come l’alluminio, si fonderà facilmente nell’impatto con gli strati atmosferici. I propellenti (8 tonnellate) contenuti nei serbatoi anch’essi d’alluminio finiranno bruciati e l’unica probabilità che qualcosa possa arrivare fino al suolo riguarda la capsula che doveva riportare i campioni di suolo della luna Phobos sulla Terra. La ragione è che era stata costruita per resistere proprio all’impatto con l’atmosfera ed è dotata di uno scudo antitermico: ma anch’essa dovrebbe mantenere un certo angolo di caduta.
  • PROBABILITÀ - Comunque, per mantenersi prudenti gli ingegneri russi ipotizzano che forse alcuni pezzi per complessivi 200 chilogrammi potrebbero superare indenni la disintegrazione. Però, siccome la Terra è per il 70 per cento ricoperta dagli oceani e solo l’1 per cento delle terre emerse è abitato, la probabilità che una persona sia colpita è di una su 300 mila. Detto in altre cifre la probabilità è dello 0,000003 per cento. Mai nessuno è stato ferito da pezzi di satelliti che periodicamente cadono sulla Terra senza far notizia.
  • SABOTAGGIO - Tornando a Phobos-Grunt, restano gravi le affermazioni di Popovkin che seguono quelle del generale Nikolay Rodoniov pronunciate subito dopo l’apparizione del guaio. Rodoniov, ora in pensione, prima comandava il sistema di allerta russo nella rete di difesa dagli attacchi dei missili balistici, affermò che la sonda era stata vittima delle emissioni in radiofrequenza lanciate dalla stazione americana di Gakona in Alaska dove si conducono esperimenti sulla ionosfera (progetto Haarp). Popovkin non menziona esplicitamente gli Stati Uniti, ma le sue affermazioni sembrano in perfetta linea con i non buoni rapporti in questo momento tra Mosca e Washington. Inoltre anche i rapporti di collaborazione spaziale tra Stati Uniti, Europa e Russia, pur continuando, non godono di grandissime intese. E Popovkin aggiunge: «I frequenti danni ai satelliti avvengono sempre quando questi si trovano nell’orbita non visibile dalle nostre antenne. In quelle fasi non possiamo ricevere alcun dato e quindi non sappiamo che cosa accada».
  • DIFESA - Dietro a queste parole c’è una scomposta autodifesa del direttore di Roskosmos che cerca di evitare quanto è accaduto al suo predecessore Anatoly Perminov solo pochi mesi fa: licenziato da Putin per i ricorrenti disastri spaziali di cui la Russia è vittima. Dal dicembre 2010 al dicembre 2011 ben sei lanci sono falliti e alcuni erano satelliti per telecomunicazioni. Questo è grave perché, oltre a creare danni economici e ad alzare i prezzi delle assicurazioni, abbassa la fiducia nei lanciatori russi a vantaggio della concorrenza cinese, europea e americana. Ma come giustamente rileva un avvocato americano specializzato in materia spaziale, Michael Listne,r in un’intervista a Usa Today, la causa più verosimile del guaio accaduto a Phobos-Grunt sta nei pochi finanziamenti a disposizione del bilancio spaziale russo. La sonda è costata 163 milioni di dollari; certo non una grande somma anche se il costo del lavoro in Russia non è come quello negli Usa. E l’esperto ricorda che la Nasa perdette la sonda Mars Polar Lander nel 1999 proprio perché volle costruirla risparmiando sulle verifiche e su alcuni apparati. L’esperienza insegna: lo spazio ha bisogno di margini di sicurezza nella tecnologia senza i quali il rischio porta quasi sempre al disastro.

1 commento:

Unknown ha detto...

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